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Posted in [Erlebnis], [Weltbild fragmenta] by valez on 09/07/2010

di amati, amanti, echi simposiali e manifeste penombre ferroviarie

 

non amo che le rose che non colsi
non amo che le cose che potevano essere e non sono state

  

il treno regionale 11251 è sempre piuttosto affollato. l’illuminazione interna alla carrozza non funziona come dovrebbe e ogni galleria diventa un’obbligata immersione in un buio incompleto. i passeggeri si infastidiscono per le vicinanze non richieste, si irrigidiscono, senza difese e approdi.

nell’improvvisa e inaspettata penombra, l’inadeguata solitudine ha costruito il suo regno. lì – proprio quando i nostri volti appaiono meno visibili – manifestiamo la necessità atavoide di essere amati, processo meccanico inestinguibile di legittimata passività. lo sguardo si fa basso in un rituale socialmente condiviso di sottile sottomissione.

non ho altrettanto potere di questa semi-oscurità viscerale. in essa, prendo coraggio – il coraggio dell’amante non corrisposto e ossessivo, dal sapore pungente di resina che brucia e si fa acre. ti parlo di me, di ciò che provo. mi ascolti, paziente come non sei mai stata. stringo tra le mani due rose, le hai prese da un venditore ambulante. pesano come pietre, queste rose che non colsi.

nell’aria della primavera, si presagiva una caduta degli dèi che non è stata. parlammo a lungo, quella sera. non tentai nemmeno una volta di incontrare il tuo sguardo. ed esso rimase così, ben nascosto, al sicuro nella penombra di una notte d’aprile.

 

[in epigrafe: da g. gozzano in ‘i colloqui’, 1911]